Il traditore (film 2019)
Il traditore è un film del 2019 diretto da Marco Bellocchio.
La pellicola narra le vicende di Tommaso Buscetta, mafioso e successivamente collaboratore di giustizia, membro di Cosa nostra.
Il film è stato selezionato per rappresentare l'Italia agli Oscar 2020 nella sezione del miglior film in lingua straniera, ma non è stato selezionato per la shortlist.
Trama
All'inizio degli anni '80, la Sicilia è capitale mondiale del traffico di droga, divisa tra famiglie di Cosa Nostra palermitane e corleonesi (di cui è leader Totò Riina), che lottano fra loro pur mantenendo una facciata di amicizia. Durante una festa a casa di Stefano Bontate tra boss di entrambi gli schieramenti, Tommaso Buscetta, un boss affiliato alla mafia di Palermo, avverte il pericolo di una faida imminente e decide di emigrare in Brasile per seguire i suoi affari al sicuro.
Le tensioni non tardano a manifestarsi e si scatena una serie di omicidi a boss mafiosi e familiari; i due figli di Buscetta e suo fratello, rimasti in Sicilia, vengono fatti sparire e lui stesso si sente braccato in America Latina. Inoltre, la polizia brasiliana lo identifica e lo cattura, sottoponendolo a numerose torture fisiche e psicologiche, successivamente viene chiesta l'estradizione in Italia che Buscetta in un primo momento evita ingerendo della stricnina.
Ormai rimasto senza potere né denaro, Buscetta viene salvato e rimpatriato in Italia, finendo quindi nel mirino dei rivali corleonesi. Il giudice Giovanni Falcone gli offre un'alternativa: collaborare con la giustizia, che per il codice d'onore mafioso equivale a un tradimento punibile con la morte. In una serie di interrogatori, Buscetta rivela al giudice nomi, organizzazione e rituali di Cosa Nostra, diventando così il primo collaboratore di giustizia della storia, benché abbia sempre rifiutato di definirsi un pentito; anche il suo vecchio compagno Totuccio Contorno inizierà a collaborare con la giustizia.
Grazie alle deposizioni di Buscetta e Contorno la polizia riesce a eseguire centinaia di blitz ed arresti che destabilizzano Cosa Nostra: nel 1986 ha inizio il maxiprocesso nell'aula-bunker di Palermo, del quale Buscetta è testimone chiave. Il processo va avanti tra il totale diniego degli imputati e la loro ipocrita pretesa di innocenza; molti chiedono un confronto diretto con Buscetta, ma tutti desistono dopo quello con Giuseppe Calò, suo amico di infanzia, che nega di conoscerlo. I mafiosi vengono condannati e giurano vendetta su Buscetta, che viene posto sotto protezione negli Stati Uniti d'America, dove tuttavia continua a sentirsi braccato e spesso è costretto a cambiare città. In Italia, intanto, molti suoi parenti incensurati vengono uccisi per ritorsione: una sua sorella, rimasta vedova, lo rinnegherà come fratello.
Nel maggio del 1992 il giudice Falcone viene assassinato in un brutale attentato; Buscetta decide di tornare in Italia -in suo onore- come testimone chiave del processo del secolo. Qui, tuttavia, viene messo in difficoltà dall'avvocato di Giulio Andreotti, che mette in luce le sue contraddizioni e la sua morale dubbia. Intanto viene arrestato Totò Riina, e nel corso del processo a suo carico, Buscetta apprende che i suoi figli sono stati uccisi mediante strangolamento dai vecchi amici Giuseppe Calò e Salvatore Cancemi, reo confesso. Buscetta si sente in colpa per aver abbandonato i suoi figli anziché portarli con sé in Brasile.
Buscetta vive i suoi ultimi anni sotto copertura negli Stati Uniti, dove muore nel 2000, circondato dall'affetto dei figli avuti dalla sua ultima moglie. In flashback rivive la storia di un attentato che doveva compiere nei confronti di un uomo, il quale, messo alle strette, è riuscito a farsi sempre scudo di suo figlio, fino a quando, nel giorno del matrimonio di quest'ultimo, viene assassinato a sangue freddo dopo che il figlio non era più nella sua stessa dimora.